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L’importanza dell’aiuto in situazioni di difficoltà

Gli atleti così come le persone, in generale, tendono a chiudersi quando vanno in difficoltà, anziché cercare aiuto esterno. Questo è un fenomeno psicologico complesso che necessita di un’analisi approfondita e che merita attenzione e correzione da parte degli allenatori, dei manager e delle squadre. In solitudine è molto difficile che un atleta possa risolvere le proprie difficoltà, di qualunque genere si tratti.  Questo comportamento può essere influenzato da una varietà di fattori psicologici, culturali e sociali che interagiscono in modi spesso invisibili ma significativi. La psicologia, sia moderna, sia classica, offre numerose spiegazioni e teorie che possono aiutarci a comprendere meglio la questione. Espandendo questi concetti, possiamo esaminare più da vicino il fenomeno della negazione, dell’evitamento e della mancanza di risorse personali. In termini psicologici, la negazione è un meccanismo di difesa in cui un individuo si rifiuta di riconoscere la realtà di una situazione dolorosa o stressante. Questo può servire come uno scudo temporaneo contro il dolore emotivo, ma a lungo termine impedisce una risoluzione efficace e un adattamento costruttivo. La metafora dello struzzo che mette la testa sotto la sabbia è un’esemplificazione classica di questo comportamento. Freud, il padre della psicoanalisi, ha identificato la negazione come uno dei meccanismi di difesa primari che aiutano l’individuo a proteggersi dalle percezioni che potrebbero disturbare il suo ego. Anche se in origine si riferiva a dinamiche più inconsce, il concetto è facilmente osservabile in comportamenti coscienti come il rifiuto di ammettere una lesione o un problema emotivo.  Un altro degli aspetti centrali che spinge gli individui a ritirarsi piuttosto che cercare supporto esterno è l’orgoglio. Molti vedono l’ammissione della necessità di aiuto come un segno di debolezza o di fallimento. Questo è particolarmente vero nel mondo dello sport, dove la resilienza e l’autosufficienza sono spesso valorizzate come qualità da campioni. L’idea di mantenere una facciata di forza incondizionata può spingere gli atleti a nascondere le proprie insicurezze e paure, impedendo loro di cercare il supporto di cui potrebbero beneficiare. Un altro aspetto importante è la mancanza di risorse personali, che può essere sia emotiva che cognitiva. Gli individui potrebbero non possedere le strategie di coping necessarie per affrontare efficacemente le sfide o le difficoltà. Questo può derivare da una varietà di fattori, tra cui l’educazione, le esperienze di vita precedenti, e la mancanza di formazione o di mentoring adeguato. Carl Rogers, uno dei fondatori della psicologia umanistica, ha sottolineato l’importanza del sé e della crescita personale nell’affrontare la vita. Secondo Rogers, una persona che ha un’alta considerazione di sé e che è aperta all’esperienza è meglio equipaggiata per affrontare le sfide. Quando queste risorse interne sono carenti, l’individuo può sentirsi sopraffatto e incapace di cercare o accettare aiuto esterno. La paura del giudizio è un altro fattore chiave. Molti temono che esprimere i propri problemi o difficoltà possa portare al giudizio da parte dei coetanei, degli allenatori, o del pubblico. Questa paura può essere particolarmente acuta in ambienti altamente competitivi, dove la percezione degli altri può influenzare la propria carriera o il proprio status, soprattutto all’interno di un team o di un gruppo. Culturalmente, in molte società occidentali, vi è un forte enfasi sull’indipendenza e sull’autosufficienza. L’idealizzazione dell’eroe che supera le avversità senza aiuto esterno permea molti aspetti della cultura popolare e dello sport. Questi modelli possono rendere difficile per gli individui ammettere che hanno bisogno di aiuto, poiché ciò sembrerebbe andare contro l’ideale di successo autonomo e la forza personale.

Proprio le dinamiche di gruppo possono giocare un ruolo cruciale. In alcuni casi, gli individui potrebbero non sentirsi a proprio agio a esprimere le proprie vulnerabilità in un gruppo, specialmente se il gruppo valorizza la forza e la competitività. Questo è evidente negli ambienti sportivi, dove l’atmosfera può essere tanto di sostegno quanto di giudizio. Inoltre, la mancanza di risorse accessibili o di un ambiente accogliente per discutere questioni personali può aumentare l’isolamento. Infine, c’è il concetto di aspettativa del cambiamento passivo, una credenza che le situazioni cambieranno o si risolveranno da sole senza un intervento attivo. Questo può derivare da un bias cognitivo noto come “il fallimento nel controllo appreso”, dove dopo ripetuti fallimenti, un individuo può concludere erroneamente che non ha controllo sulle situazioni e smette di prendere iniziative proattive. Questo fenomeno è stato esplorato da psicologi come Martin Seligman nei suoi studi sulla depressione e l’apprendimento. Seligman ha trovato che gli individui che sperimentano un fallimento incondizionato possono diventare passivi nelle situazioni future, anche quando hanno il potere di effettuare cambiamenti. Questo può essere particolarmente rilevante per gli atleti che, dopo ripetute sconfitte o infortuni, potrebbero sentirsi impotenti e rassegnati al loro destino, evitando così di cercare aiuto.

Il lavoro con un performance coach può rivelarsi utile nel cambiare queste dinamiche. Trovare un ambiente in cui si possa creare aiuto è essenziale. È fondamentale favorire l’azione di richiesta di aiuto. Come ad esempio:

Incoraggiare la comunicazione aperta e onesta all’interno delle squadre e tra i coach e gli atleti. Mostrare, attraverso esempi concreti, che la richiesta di aiuto è segno di maturità e intelligenza, non di debolezza.

Aiutare gli atleti a voler riconoscere e comprendere le proprie emozioni e a vedere il valore nel gestirle in modo costruttivo, attraverso il lavoro con un professionista.

Favorire e assicurarsi che gli atleti sappiano a chi rivolgersi quando hanno bisogno di aiuto, sia all’interno dell’organizzazione sportiva sia attraverso risorse esterne.

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Sono un High Performance Coach: alleno atleti professionisti, sportivi, manager e imprenditori che desiderano elevare il proprio livello di performance, migliorando lo stato di benessere. La mia specializzazione è lavorare su stress e pressione. Da atleta, analista finanziario, imprenditore ho sperimentato la stretta relazione tra pressione e performance. Saper gestire lo stress e la pressione è fondamentale per ottenere la massima prestazione sia in campo sportivo, sia nelle attività professionali.

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